Europa da sogno perduto

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di Guido Di Stefano

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E’ l’Europa che non c’è. Appare nei nostri sogni, fugace miraggio di umanità e pace. Vivrà in un futuro più o meno prossimo? La vedremo, anzi la vivremo mai?

     Continuiamo a sperare l’insperabile solo per non precipitare nell’abisso  della disperazione! Da troppo tempo ormai l’Occidente è “condizionato” e avvolto dalle nebbie (ormai quasi tenebre) delle “restrizioni mentali”, del manicheismo, dell’ipocrisia, dei fini occulti, dei “distinguo”.

     La luce non riesce a rischiarare la “vita” umana: azioni, scritti, parole, pensieri sono avviluppati in un “indeterminismo” sistemico, che finisce con il condizionare e confondere anche quelli che “giusti” vorrebbero essere.

      E i sogni restano sogni o addirittura decadono a corbellerie. Eurasia? Europa Unita? Grande Europa libera e indipendente? Magari  i popoli la vogliono: ma hanno reale potere i popoli in queste nostre moderne democrazie?

      Anche persone dotate di vivo intelletto e di carismatiche doti politiche sono state intrappolate dai “condizionamenti”: diciamo condizionamenti per non usare terminologie devastanti o quantomeno inopportune. Almeno questa è la nostra impressione rivisitando il passato, senza neanche spingerci troppo indietro.

    Nel 1904 Halford MacKinder, un signore inglese di cultura e intelletto “probabilmente” di gran lunga superiori a quelli di tanti appariscenti contemporanei nostri, presentò al pubblico la rivoluzionaria teoria dell’Hearthland (Cuore della terra) ovvero area geografica indispensabile per dominare il mondo: andava (all’incirca) dal centro Europa al Pacifico. Sostenne anche che le scelte strategiche vanno subordinate principalmente agli “elementi che (in un “territorio”) durano nel tempo” o se vogliamo semplificare il fattore territoriale, il fattore storico (contestuale) e quello umano (culturale-identitario) da lui identificati come: luogo geografico, contesto storico, tradizioni del popolo (o dei popoli interessati). Presentò la sua teoria senza pregiudizi e senza allarmismi nel “rispetto” del contesto geopolitico del tempo: i quattro imperi dinastici nostrani del tempo e gli altri “imperi” colonial-economici noti all’epoca in quanto di matrice europea.  Non allarmava allora la grande Russia e le favorevoli prospettive intraviste per essa dal Mackinder: era governata dallo zar Nicola II, un sovrano anzi un imperatore che la teneva sottomessa e ossequiosa verso le altre teste d’Europa incoronate e non.

      Intanto nel 1913 oltre oceano successe l’imprevedibile: gli yankee  regalarono a una corporazione (o forse “setta”) di idolatri la più antica e basilare affermazione della sovranità dello stato: la moneta. Qualcuno ha osato dire che fu un atto incostituzionale: ma, si sa, le costituzioni sono redatte da esseri umani e altri esseri umani le interpretano, applicano (o no), le modificano. Resta il fatto che fu il trionfo e l’inizio dello strapotere (prima locale e successivamente internazionale) dei nuovi profeti e servi del signore degli inferi, variamente denominato (e non a caso) Ade, Pluto, Plutone, Orco.  I fatti storici successivi (e contemporanei) mostrano quale, per coerenza con le loro azioni,  potrebbe o dovrebbe essere il loro motto: mors tua, pecunia mea.

     Forse furono “coincidenze” temporali oppure conseguenze indotte, ma in ogni caso ci piombarono addosso le due guerre mondiali: la prima portò alla dissoluzione degli imperi centrali (tanto invisi all’occidente franco-anglo-americano); la seconda ridisegnò gli scenari geopolitici mondiali privilegiando in misura certamente non proporzionale al sangue versato i firmatari dell’accordo di Yalta. Vittime sacrificali privilegiati furono le nazioni più piccole e i popoli che non avevano protettori alla corte del dio denaro.

    E ritroviamo Mackinder che sembrerebbe  avesse in grande considerazione il contesto storico  nella sua “attualità”. Sicchè nel 1943 quasi ad anticipare (o veicolare?) i sogni proibiti della sua madre-patria   e soprattutto degli USA Mackinder sviluppò l’idea del contenimento (e/o accerchiamento?) dell’Unione Sovietica, non più impero zarista ma nazione che non mostrava tanta soggezione davanti alle teste incoronate, ai loro collaboratori, ad alcun impero residuo- coloniale del passato e neppure al già emerso e invadente impero d’oltre oceano, lanciato verso il neo-colonialismo.  Chissà perché poi qualcuno disse che qualche potente suo connazionale nel 1945 “bramava” invadere e sottomettere la Russia Sovietica, che pure aveva dato molto (più) sangue alla vittoria “comune”.

     Venne la pace apparente. Tensioni nuove e spietate soppiantarono le vecchie, innescando guerre locali a catena.

    E nella pace apparente con la sapiente regia altrui l’Occidente demonizzò l’Oriente, sicchè chinarono tutti la testa per la creazione di un sistema di difesa comune prima e di una Europa unita (ma ubbidiente allo zio Sam) poi.

    Fu così che giganteggiò la figura di Charles De Gaulle. Il generale “prevedeva” la destalinizzazione dell’Unione Sovietica e quindi lanciava l’idea di una grande Europa che andasse da Lisbona agli Urali o addirittura da Lisbona a Vladivostok. In detta configurazione l’Europa non doveva difendersi dall’orso siberiano e quindi non era più necessaria la NATO con la conclusione che  si potevano “invitare” gli yankee a tornarsene in America. Come dire se per i signori yankee vale il detto “l’America agli Americani” a maggior ragione doveva essere rispettata la volontà “l’Europa agli Europei”.

    Anche sull’Unione Europea aveva le sue teorie. Non condivideva che in prima fase si costruisse un’Europa commerciale e monetaria (fondata cioè sul commercio e sulla moneta), detta anche dei mercanti e dei contabili. Voleva la cooperazione fra Stati Sovrani; voleva che tutte le istituzioni europee avessero strutturazione democratica e condivisa; in sostanza voleva che nascesse una struttura politica  veramente democratica in quanto le designazioni e gli incarichi dovevano essere espressione delle volontà dei popoli sovrani e non delle misteriose consacrazioni determinate e celebrate in tetri, ancorché aurei,  castelli-templi.

     Purtroppo in Europa occidentale nessuno ha finora manifestato la fierezza europea del generale e nessun emulo si profila all’orizzonte. Ed anche tanti stati europei hanno “mandato all’Ade” la loro moneta riducendosi al rango di semplici altari sacrificali al servizio dei misteriosi sacerdoti e dei servitori tutti della divinità degli inferi.

     Ed ecco tuttavia la Nemesi storica: l’orientale Vladimir Putini rilancia l’opzione dell’Europa unita e sovrana, che domina il mondo spaziando dall’Atlantico al Pacifico.  Sarebbe magnifico, anzi luminoso, ritrovarsi liberi e fiduciosi a vivere e godere di tutti i tesori dell’intelletto, dell’anima, del cuore, della terra di una così immensa federazione di popoli solidali e fratelli.

    Oggi avviluppati, confusi e accecati  come siamo da NATO, sempre più gonfia,  UE disumanizzata, “esportazioni” armate, falsi profeti, menzogne e caos siamo tutti lì, ai piedi dell’altare, numeri (non esseri umani) sacrificali in cambio di qualche carato di oro o qualche gallone di petrolio in più.

     A volte pensiamo che i biblici Caino, Esaù, Giuda Iscariota erano ben poca cosa al confronto dei moderni lupi celati sì (e confusi con i giusti) sotto i candidi, morbidi, invitanti  e rispettabili mantelli della libertà, democrazia, comprensione, fratellanza ma spesso riconoscibili perché restii a ogni identità.

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